Clamorosa scarcerazione per i cinque albanesi e la donna rumena arrestati a metà maggio dalla Polizia di Fondi con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al compimento di furti e rapine, alla ricettazione, al riciclaggio e, in alcuni casi, anche allo sfruttamento della prostituzione e alla riduzione in schiavitù di ragazze dell’Europa orientale, tra cui anche minorenni.Lo ha deciso, secondo quanto si è appreso, il Tribunale del Riesame di Napoli la cui competenza sul procedimento è scaturita a seguito di una seconda ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti degli indagati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, appunto del capoluogo campano. I cinque albanesi possono dunque lasciare il carcere napoletano di Secondigliano mentre la rumena quello romano di Rebibbia. In attesa di ulteriori dettagli a riguardo, è presumibile che il Tribunale della Libertà abbia dunque accolto almeno alcune delle eccezioni degli avvocati difensori Mastrobattista, Basile, Di Fazio, Di Perna e Grassi che già di fronte al Riesame di Roma avevano avanzato istanza di incompatibilità territoriale facendo riferimento ad un articolo del Codice di Procedura Penale che indica come responsabile dei provvedimenti il giudice del luogo dove è stato commesso il reato più grave. In sostanza gli avvocati avrebbero obiettato il fatto che a condurre le indagini sia stata la DDA di Napoli mentre la competenza del caso spetterebbe a quella di Roma o a quella di Torino. Centrale, nelle eccezioni presentate, anche la sussistenza del reato di associazione a delinquere, che sempre secondo i legali non sussisterebbe. Un’eccezione che se riconosciuta potrebbe mettere in discussione anche il ruolo della DDA che si sarebbe mossa al di fuori della sue competenze territoriali applicando una «norma sussidiaria», visto che secondo l'accusa si tratterebbe di reati che trascendono i confini nazionali. Non sarebbe infatti chiaro in quale località del territorio italiano abbia avuto sede il sodalizio criminale. In ogni caso, è indubbio che la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli farà sicuramente discutere anche alla luce dell’acceso dibattito in atto ormai da tempo in tutta Italia su sicurezza e ordine pubblico. Proprio il capoluogo campano, come forse si ricorderà, sarebbe stato il “terminale” dei malviventi per lo smistamento degli oggetti che nel corso degli ultimi due anni sono stati trafugati in decine di ville ed appartamenti di Fondi, Terracina, Lenola, Itri e Monte San Biagio. Ulteriore accertamenti hanno poi riguardato il filone della prostituzione alla quale sarebbero state costrette ragazze dell’est Europa fatte giungere in Italia con la falsa promessa di un lavoro onesto. L'attività principale della banda, come detto, riguardava però i furti in casa. Gli albanesi arrestati erano, in qualche maniera, insospettabili, perché regolari in Italia e con una vita a prima vista tranquilla, considerato che di giorno lavoravano come elettricisti, facchini o manovali. Con loro era finita in manette anche una rumena ufficialmente collaboratrice domestica. Vivevano tutti nel centro storico di Fondi e mantenevano un profilo, per così dire, basso; con uno stile di vita apparentemente normale. Di notte, invece, avrebbero compiuto razzie nelle abitazioni, soprattutto del litorale di Fondi ma anche nella campagne dei centri circostanti. Vestiti di nero e a piedi scalzi, sarebbero entrati nelle case arraffando quanto possibile, anche in presenza dei proprietari solitamente narcotizzati. Dai soldi ai gioielli, dagli elettrodomestici ai computer. Ma soprattutto automobili di grossa cilindrata da ricettare poi all'estero. Un giro di affari illeciti che secondo la DDA e la Polizia sarebbe ammontato ad almeno un milione di euro.
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a cura di La Redazione
pubblicato il 24/06/2008 Ore 13:52