Franco Peppe diceva che dovevamo andare via, urlava, sbraitava... E noi ribattevamo che avremmo fatto quello che ci avrebbe detto la legge. Cos, ieri al processo Damasco 2, la deposizione di Enea Mangolini, il primo teste del Pm Maria Cristina Palaia.Unescussione difficile, trincerata dietro i non ricordo. Tanti non ricordo, anche dopo la lettura dei verbali. Mangolini, il primo dei tre fratelli chiamati a riferire sulle minacce ricevute da Peppe Franco e Venanzio Tripodo si mostrato confuso e forse poco informato sulloggetto del contendere: un terreno agricolo, sito in Fondi, di propriet della societ Italo Elvetica, coltivato dal padre. Ripetitiva la risposta alle domande del pubblico ministero: Non ricordo, ma confermo quanto verbalizzato in precedenza, lasciando intendere che forse quelle minacce, denunciate 12 anni fa, cerano state veramente o forse no, come hanno tentato di dimostrare i difensori del maxi processo antimafia durante il controesame. E alla domanda specifica se ci fossero state minacce di morte, il teste ha risposto che glielo avevano riferito altri. E stato Mario Francesco Giraldi, avvocato di Peppe, il primo a prendere la parola per mettere in evidenza alcune debolezze della deposizione, poi laffondo dellavvocato Giulio Mastrobattista, difensore di altri imputati, che ha messo in rilevo la discrepanza tra due denunce sporte dallo stesso testimone, la prima del novembre del 97 quando escludeva di aver subito minacce e la seconda, di un anno dopo, nella quale si diceva lesatto contrario. Mangolini non riuscito a datare inequivocabilmente lepisodio contestato a Peppe e Venanzio Tripodo dalla pubblica accusa, ovvero la loro presenza sul terreno in uso ai Mangolini e agli Apicella (legato da un rapporto da loro definito di compatercipazione). Presenza per intimorire, per costringere con le minacce di lasciare campo libero. E il primo teste non riuscito neanche a chiarire con esattezza a che titolo i due e in particolare Peppe, avevano preteso il terreno. Lo si capir soltanto dopo, con lescussione degli altri testimoni del Pm chiamati ieri a deporre, i fratelli di Enea Mangolini, Giovanni e Rodolfo, e di Antonio Apicella incalzati dalle domande dello stesso pubblico ministero e degli avvocati, in particolare di Maria Antonietta Cestra, difensore di Venanzio Tripodo. Questo il quadro: il terreno in questione era stato rilevato da Peppe e il contratto di affitto dei Mangolini era scaduto da tempo. I Mangolini quel terreno lo volevano lasciare ma, nella speranza di vedersi riconosciute le migliorie apportate, si erano affidati a mano di avvocato per poi perdere la causa intentata. Lasceranno il terreno soltanto dopo la sentenza a loro sfavorevole e lintervento dellufficiale giudiziario, ma non prima che - per concessione di Peppe - fosse ultimata la raccolta dei pomodori. Cos le deposizioni di ieri in unaula carica di tensioni sui fatti riferibili esclusivamente al procedimento Illuminato, confluito in Damasco 2. Procedimento per il quale i Mangolini e gli Apicella risultano soltanto testimoni.
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a cura di R. Cammarone - La Provincia
pubblicato il 19/11/2010 Ore 12:50