A BREVE IL SERVIZIO VIDEO
Di Venanzio me ne parl un calabrese che poi ci fece mettere in contatto. Carmelo Barbieri, classe 1959, stato ascoltato in videoconferenza nel corso delludienza, in programma ieri al Tribunale di Latina, del maxi processo antimafia denominato Damasco 2.Un procedimento giudiziario complesso a carico di una trentina di imputati, tra i quali i fratelli Venanzio e Carmelo Tripodo, Aldo Trani, Igor Catalano, Antonino DErrigo e Franco Peppe accusati di aver condizionato, attraverso un sodalizio criminale, gli affari allinterno del Mercato ortofrutticolo di Fondi e pilotato il sistema dellaffidamento dei servizi presso il Comune di Fondi.
Barbieri il secondo pentito chiamato a testimoniare dal Pm della Dda di Roma, Maria Cristina Palaia. Appena gioved scorso, infatti, era stata la volta del camorrista Augusto La Torre, al quale recentemente stato revocato il programma di protezione a seguito del compimento di alcuni reati. Ma ieri la parola passata a Barbieri, appartenente a Cosa Nostra di Gela fino al 2009. Una deposizione lunga, la sua. Insegnante di educazione fisica presso un liceo, titolare di una scuola parificata di Gela, nonch comproprietario di unazienda di commercio di ortofrutta, il collaboratore di giustizia assistito dallavvocato Maria De Simone, ha raccontato la sua esperienza fondana di met anni Novanta. Conobbi Venanzio Tripodo, attraverso un calabrese che ci fece mettere in contatto - ha riferito -. Poi Venenzio scese a Gela e ci accordammo per affari commerciali. Anche io andai al Mof a conoscere il mercato, dove Venenzio mi present i fratelli Luigi e Franco Peppe che lavoravano per lui. E alla domanda del Pubblico ministero di precisare meglio il rapporto tra Tripodo e i Peppe, Barbieri ha risposto che i secondi erano la longa manus del primo. Venanzio - ha aggiunto il pentito di Cosa Nostra - era influente dal punto di vista criminale, gestiva i trasporti e le estorsioni allinterno del Mof. Il collaboratore di giustizia ha per aggiunto che i suoi affari con i Peppe e con Venenzio Tripodo erano esclusivamente commerciali, tenuti nel rispetto della legalit. Secondo la ricostruzione del pentito sarebbe stato lo stesso Venanzio a riferirgli di gestire le estorsioni i cui proventi sarebbero stati condivisi con i Casalesi. Una sorta di garanzia per lindennit dal momento che il clan camorrista aveva delle mire sul Mof. Di Venanzio e delle sue presunte attivit criminali, Baribieri avrebbe trovato conferma nelle parole di Luigi Ilardo (noto nella cosca come Gino), cugino del boss nisseno Giuseppe Madonia. Secondo il pentito sarebbe stato lui, Gino, a prendere contatti con Venenzio per suo conto, dopo lindicazione fornitagli dal calabrese. Ilardo - ha affermato Barbieri - mi disse anche Carmelo, laltro fratello Tripodo, era di spessore criminale superiore a Venanzio. Ma io a Carmelo non lo conobbi mai. Il collaboratore di giustizia si poi soffermato sul rapporto commerciale intercorso tra la sua ditta e quella dei Peppe, o di Tripodo per via della longa manus: Per lo pi eravamo noi ad acquistare al Mof, loro talvolta ci fornivano anche il trasporto ma le spese erano a nostro carico. A volte siamo stati noi a vendere al Mof i prodotti della nostra terra: carciofi, fave e piselli. Pur dichiarando di aver incontrato varie volte i fratelli Peppe, tuttavia, il pentito ieri non ha saputo fornire una descrizione dei singoli chiesta dallavvocato difensore di Franco Peppe. N ha saputo indicare il nome della ditta con la quale i fratelli Peppe avrebbero emesso fatture. Di tutto ci - ha affermato il pentito - se ne occupava il mio socio. Nel corso dellescussione emerso anche che Gino Ilardo era stato ucciso nel 1996.
Il collaboratore di giustizia, inoltre, si dilungato sulla storia di una truffa, di due miliardi di vecchie lire, messa a segno dai fratelli Domicoli di Gela ai danni di non meglio precisati operatori del Mof, attraverso lemissione di titoli di credito intestati a societ create ad arte. Fatto sta che, secondo la testimonianza di Barbieri, un sedicente nipote di Venenzio Tripodo, Giovanni poi diventato Igor, lo raggiunse a Ravenna dove si trovava in soggiorno obbligato per chiedergli un intervento finalizzato alla restituzione del maltolto ai fondani. Barbieri ha riferito di averci provato, quando ebbe modo di tornare in Sicilia, ottenendo per una mezza rassicurazione: I fratelli Domicoli mi dissero che avevano dato a Venanzio gi 50 milioni di vecchie lire. Poi seppi che Venenzio si rivolse anche ad un altro mafioso di Palermo. Motivo per cui, quando Igor torn alla carica - sempre secondo la sua ricostruzione -, gli disse che ormai si sarebbero dovuti rivolgere al palermitano e non pi a lui. Non seppi come and a finire questa storia - ha concluso - perch poi fui arrestato.
Nella lunga udienza di ieri sono stati escussi anche altri testimoni. Davanti al collegio presieduto da Lucia Aielli (a latere Mara Mattioli e Valentina Valentini) hanno testimoniato tra i tanti anche Fabio Paolo Polidori, titolare di unimpresa funebre di Terracina, per un attentato subito nel 2002. Polidori ha affermato che presumibilmente quel fatto poteva essere attribuito ad una faida allinterno dellArof e ha dichiarato di non aver mai subito minacce dai Tripodo n da Aldo Trani. Ha riferito di non aver subito minacce anche Francesco Antinucci, commerciante ortofrutticolo del casertano, al quale lavvocato Maria Antonietta Cestra ha chiesto se avesse mai visto Antonino DErrigo, presente in aula. Una sola risposta: Mai visto. Si torna in aula questa mattina per lescussione di altri testi del Pm.
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a cura di R. Cammarona - La Provincia
pubblicato il 22/02/2011 Ore 12:30